Nella città di Roma, da oltre trent'anni cresce e si diffonde una scena musicale, teatrale, artistica ricca e complessa, simile e allo stesso tempo diversa dalle molte altre metropoli europee. E' quella della cultura Indipendente, espressione della creatività diffusa e di un modo altro di produrre ricerca, sperimentazione, arte. Simile allo scenario di molte città europee perchè è nel tessuto europeo, e non solo, che raccoglie e dissemina stimoli e linguaggi; diversa, perchè le condizioni in cui si è sviluppata e vive rapresentano un unicum che non ha precedenti o eguali in nessun altro luogo. Vivere di cultura e fare cultura a Roma ha rappresentato da sempre una mossa azzardata: in un paese dal cronico disinvestimento nel sapere e nella ricerca di qualsiasi tipo, l'attenzione alla produzione culturale non fa eccezione: i pochi spazi esistenti sono inaccessibili ai più, i soldi scarseggiano, sempre. Da sempre! Anche nel decennio veltroniano, in quella che doveva diventare una delle "capitali europee della cultura", nessuno ricorda di aver nuotato nell'oro dei contributi pubblici alla produzione culturale, in particolare quella indipendente: per la maggior parte, la riedizione all'amatriciana della Città Creativa ha significato grandi monopoli collusi con l'amministrazione comunale, gestione clientelare dei bandi, e tanta, tanta precarietà per tutti. Le luci del ribaltone Oggi la situazione, se possibile, sembra peggiorata.
Diciamolo: alla nuova amministrazione comunale salita alla ribalta con il braccio destro ancora quasi steso, che si è affermata opponendo il manganello e la retorica del degrado all'immaginario luccicante ed evidentemente poco condiviso della Roma veltroniana, la cultura sta un po' sul cazzo.
Oggi tira una brutta aria: senz´altro per i grandi protégé vissuti per dieci anni all'ombra del Campidoglio dispensando precarietà a tutti, dai tecnici, agli attori, ai musicisti. Ma anche per chi di questa torta ha visto sempre e soltanto le briciole non va meglio: il sostegno pubblico, che continua a diminuire di finanziaria in finanziaria, si riorganizza dentro linee ancora più rigide di prima, ignorando sempre più chi veramente in questa città produce innovazione. Su tutto poi scende inesorabilmente una cappa neo-oscurantista, che non pare avere molta voglia di confrontarsi con i linguaggi e la sperimentazione ma preferisce la celebrazione del passato, travisandolo, o l´appiattimento su un´idea commerciale di cultura, di sicuro impatto e di scarso contenuto. Ma chi produce cultura oggi a Roma? Tutti, rispondiamo noi. La creatività sociale diffusa ha prodotto uno scenario in cui produttori e fruitori di cultura coincidono: chi riconosce questo e lo vive, ha una idea di "pubblico" che non coincide con quello dei circuiti mainstream. Proprio perché ne fa parte infatti, ne conosce il carattere multiforme, mutevole, che si alimenta da tutte le direzioni e produce continuamente novità da quello che legge, ascolta, vede.
E´ una scena a cui contribuire, non un soggetto da imbonire. Ma chi vive e lavora producendo cultura? Quei pochi che hanno deciso di provarci, parrebbero condannati a una vita di stenti, fatta di suppliche, bandi, doppi e tripli lavori per sbarcare il lunario e pagare l'affitto. Fare cultura fuori dai rassicuranti circuiti garantiti espone a un rischio enorme, ci vuole coraggio perché si vive il disagio di non sapere mai come si vivrà il mese successivo: in Italia infatti non esiste alcun tipo di riconoscimento di chi a vario titolo vive nell´intermittenza costitutiva del lavoro artistico. Il che vuol dire che nessuno paga per le prove, gli stage, i corsi, i materiali indispensabili per dare corpo a questa produzione continua di cui siamo parte; tutto è scaricato sulle spalle dei singoli, e questo crea le condizioni di difficoltà e spesso di impossibilità della creatività e della ricerca, smascherando l´idiozia della retorica della libertà. Siamo liberi di non poter fare niente, liberi di accodarci all´ennesima cordata e all´ennesimo bando truccato, liberi di tentare coraggiosamente di far quadrare dei bilanci inesorabilmente in perdita? La felicità non si paga, si strappa Ma in questa città c'è qualcosa in più: da trent'anni si è consolidata una scena importante, ricca e viva come in nessun'altra luogo: quella degli spazi liberati, dei centri sociali, che hanno saputo infilarsi nelle pieghe delle speculazioni immobiliari e dei luoghi abbandonati per inondare la città di teatri, mostre d'arte, retrospettive, dibattiti, musica, spazi di elaborazione e ricerca altrimenti impensabili. E' precisamente questo che fa della scena indipendente romana un caso unico: ci siamo organizzati per conto nostro, e tutto quello che ci serviva ce lo siamo preso. In ogni quartiere abbiamo strappato un pezzo al privato o allo stato, e lo abbiamo trasformato in Spazio Pubblico: per gli artisti, per i precari, per i giovani, per tutti. Tutto questo dà sempre più fastidio, per l'incompatibilità politica che si porta dietro: in una città che esplode di contraddizioni economiche, in cui la caccia al giovane, all'immigrato, alla prostituta diventa il discorso delle istituzioni, oltre trenta luoghi di organizzazione del conflitto sociale e culturale e di un pensiero che sfugge al controllo, non possono essere accettati. E allora ecco che continua la stagione degli sgomberi, l'unica a Roma che non conosce soluzione di continuità: gli spazi liberati sono stati attaccati, assediati, in alcuni casi sgomberati, ma quasi sempre ce li siamo ripresi: questa difesa delle conquiste di tutti, questa indisponibilità a piegarsi ai dettami dei sindaci e delle questure è un altro tratto fondamentale della scena di questa città. Non c´è libertà senza indipendenza, non c´è indipendenza senza reddito. Oggi pensiamo sia importante iniziare un percorso, che riconosca come unito ciò che è già da sempre una sola realtà: spazi occupati e arte indipendente, centro sociali e creatività diffusa.
Oggi chiamiamo tutt@: teatranti, musicisti, attivisti, giocolieri, hacker, tecnici di qualsiasi tecnica, cinefili, attivisti, chi è tutte e nessuna di queste cose, a discutere insieme di reddito e riconoscimento del lavoro culturale, per gli artisti e per i precari; a discutere insieme di come continuare a difendere e a espandere le nostre conquiste e i nostri spazi, che sono di tutti e per tutti. ROMA INDIPENDENTE Aggiungi ai preferiti (0) | Riporta quest'articolo sul tuo sito! | Visualizzazioni: 431
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