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Amnesty International lancia una campagna contro la repressione su internet PDF Stampa E-mail
Scritto da Sara   
Monday 02 July 2007
   Irrepressible.info. La campagna di Amnesty International ha l’obiettivo di restituire al web la sua caratteristica di forza per il cambiamento, a fronte della crescente disponibilità delle aziende ad aiutare la censura e la repressione.

Dall’Iran alle Maldive, da Cuba al Vietnam, i governi stanno intensificando il giro di vite nei confronti di chi usa internet per comunicare i propri punti di vista e contestualmente negano ai propri cittadini l’accesso alle informazioni. Il quadro della repressione è il seguente: utenti di internet arrestati, internet café chiusi, chat room sorvegliate, blog cancellati, siti bloccati, notizie dall’estero censurate, motori di ricerca sottoposti a filtri per non trovare “risultati” sensibili...e in Cina..,

“Internet può essere un grande strumento per la promozione dei diritti umani: gli attivisti possono far sapere al mondo cosa accade nel proprio paese con un solo click. La gente ha un accesso senza precedenti a informazioni provenienti da un numero amplissimo di fonti. Ma il potenziale di internet per il cambiamento è sotto l’offensiva di quei governi che non tollerano la libertà d’informazione e di quelle aziende che sono disposte ad aiutarli a reprimerla” – denuncia Amnesty International.
Sun Microsystems, Nortel Networks, Cisco Systems, Yahoo! e Google sono tra le compagnie che collaborano coi governi per censurare internet o rintracciare singoli utenti. Nel 2004, Microsoft ha messo a disposizione delle autorità israeliane informazioni sul fisico nucleare Mordechai Vanunu, senza che questi ne fosse a conoscenza o avesse fornito il proprio consenso; queste informazioni sono state usate per incriminare Vanunu per aver avuto contatti con la stampa estera. Vanunu è sottoposto al divieto di avere tali contatti. Questo provvedimento, che di per sé è una violazione dei diritti umani, è stato appena rinnovato per un altro anno. Sebbene il giudice del processo in corso abbia accolto la richiesta di non usare le informazioni fornite da Microsoft, i dati sono nelle mani delle autorità israeliane e potrebbero essere usati per continuare a limitare la libertà di Vanunu.
Nell'appello, firmato già da circa 10mila persone, si chiede inoltre la liberazione dei "cyber dissidenti", in galera per aver espresso le loro opinioni online. L'elenco è lungo.  Shi Tao, condannato a dieci anni di reclusione per aver inviato una e-mail negli Usa in cui riportava la sintesi di una direttiva del Partito comunista cinese, con la quale i giornalisti locali venivano messi al corrente di possibili disordini il 4 giugno, in coincidenza con l’anniversario del massacro di piazza Tian An Men del 1989, e veniva loro chiesto di non riferirne sulla stampa. L’imputazione a suo carico e’ di ‘aver fornito illegalmente segreti di Stato a entita’ straniere’, usando il suo indirizzo di posta elettronica presso il provider Yahoo. Secondo gli atti processuali, la compagnia internet statunitense ha fornito alle autorita’ cinesi informazioni sul possessore dell’account. Per Amnesty International, il giornalista Shi Tao è da considerare un prigioniero di coscienza, condannato solo per aver esercitato in forma pacifica il suo diritto alla liberta’ di espressione, riconosciuto dal diritto internazionale e dalla stessa Costituzione cinese. Amnesty International ha espresso le proprie preoccupazioni a Yahoo e invita a scrivere una lettera affinche’ Yahoo cessi di collaborare alle violazioni dei diritti umani in Cina, usi la propria influenza per ottenere il rilascio di Shi Tao e riconosca i propri doveri e la propria responsabilita’ verso i diritti umani.
E poi Hao Wu, regista e blogger cinese, a Ren Zhiyuan, insegnante, condannato a 10 anni di reclusione dal governo di Pechino per aver parlato di democrazia sul suo diario on line.
“Chiediamo agli utenti di internet di ogni parte del mondo di andare sul sito irrepressible.info e firmare l’appello per sollecitare tutti i governi e le aziende a rispettare la libertà su internet” – è l’invito di Amnesty International. “Le aziende spesso rivendicano un comportamento eticamente responsabile, ma la loro cooperazione nella repressione rischia di renderle complici di violazioni dei diritti umani e di danneggiare la loro credibilità”.
Le adesioni alla campagna irrepressible.info saranno presentate a novembre a un’importante riunione dell’Onu sul futuro di internet. Insieme al lancio della campagna irrepressible.info, Amnesty International ha diffuso un rapporto sul ruolo di Yahoo!, Microsoft e Google nella repressione su internet in Cina. L’apparato repressivo di Pechino è considerato particolarmente all’avanguardia rispetto ad altri paesi e le aziende paiono particolarmente desiderose di collaborarvi.

E se il mercato prende il soppravvento sul rispetto dei diritti umani, Google ha annunciato che lancerà in Cina una versione del suo motore di ricerca, che censurerà i risultati legati a parole sgradite al governo di Pechino, come “democrazia”, diritti umani”, “Tienanmen”, “Dalai Lama”, “Tibet”, “indipendenza di Taiwan” e setta religiosa “Falun Gong”. Per evitare ulteriori implicazioni censorie, con cui si sono già trovati a che fare Yahoo e Microsoft, Google non fornirà servizi di blog e di e-mail.

“Ipocrisia”, ha ribattuto l’organizzazione Reporters sans frontières, che ha parlato di “giorno nero per la libertà d’espressione in Cina”, sottolineando come Google sia pronto a difendere i diritti alla privacy dei suoi clienti negli Stati Uniti, di fronte alle richieste di informazioni del governo di Washington, ma non sia disponibile a fare altrettanto per difendere il diritto d’informazione dei suoi clienti cinesi, di fronte alle pretese censorie del governo di Pechino.


Firma gli appelli a Microsoft, Google e Yahoo !



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